Mi ci è voluta una vita ad affezionarmi a Sherlock Holmes. Oltre ai film di Robert Downey Jr. e Jude Law che considero molto apprezzabili, probabilmente la spinta definitiva me l’ha data la serie Sherlock della BBC con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. Ho comprato l’opera omnia del canone in lingua originale e periodicamente la rileggo riempiendola di appunti a matita e segnandomi i preferiti (per la cronaca: The Hound of the Baskervilles e The Yellow Face sono in cima alla lista).
Decenni fa lessi una dichiarazione di Isaac Asimov – non so se mi spiego – che parlando dei suoi racconti fantastico/criminali di Wendell Urth aveva stroncato Arthur Conan Doyle dichiarando che non seguiva le regole del mystery classico; che anziché dare al lettore tutti i dati in modo che sia possibile risolvere il mistero insieme all’investigatore, il suo Holmes tirava fuori soluzioni deus ex machina che rendevano impossibile al lettore prevedere il finale. Malgrado questo, leggendo i racconti ho trovato questo giudizio abbastanza ingiusto, perché raramente è vero, e anche in quei casi non è tanto la risoluzione del mistero che importa, quanto l’atmosfera e la personalità dei protagonisti. Ma chi sono io per criticare Asimov?
Questa passione mi ha portato a fare la traduttrice per i racconti apocrifi di Sherlock Holmes pubblicati dalla Delos (vedi link a destra), e l’anno scorso ho anche partecipato al concorso Sherlock Magazine Award. E’ stata una botta di vita in un momento contorto della mia esistenza; basti dire che l’ho spedito 4 ore prima della scadenza del concorso. Mi vanto di dire che sono arrivata sesta… credo su sei o sette! Ma non importa, mi sono divertita a scrivere il racconto e spedirlo in tempo ha fatto bene alla mia autostima. Per rendere giustizia al vincitore e conoscere i dettagli, leggete qui.