Bonus a chi riconosce la citazione da “Il Pendolo di Foucault”.
La Biblioteca Pubblica Teresa Donati di Nebbiuno esiste ormai da anni, ma solo dall’ottobre scorso ci siamo trasferiti nella piazza principale del paese, dentro lo spazio del vecchio oratorio generosamente messo a disposizione da Don Maurizio nella casa parrocchiale. E’ un enorme miglioramento rispetto allo spazio angusto e pressoché irraggiungibile in cima al paese che avevamo prima (peraltro regalatoci dalla famiglia Donati e che ci ha permesso di dare avvio a questa iniziativa). I problemi da affrontare sono ancora tanti: per fortuna la Biblioteca è “giovane” e ci consideriamo ancora in rodaggio.
Io non faccio parte del Consiglio Direttivo, sono soltanto una volontaria. Tento di risolvere problemi immediati come il funzionamento dei computer, le sostituzioni ai turni di apertura se qualcuno sta male, l’applicazione della legge marziale per ricordare di spegnere il riscaldamento etc, ma soprattutto l’ordine dei libri.
Purtroppo lo spazio è sì aumentato, ma è sempre limitato, perché metà della nostra sala è dedicata a due grandi tavoli per le attività e a eventuali proiezioni. Le generose donazioni che ci arrivano periodicamente sono ogni volta una sfida per trovare un posto. Sto ancora cercando di compattare gli autori stranieri e italiani spargendo etichette di scotch di carta su ogni ripiano; per questo non abbiamo ancora un ordine preciso, tantomeno un catalogo o etichette stampate e applicate decentemente.
Aperture, iscrizioni, prestiti e resi, va bene… ma è tutto così angosciosamente sociale. Lasciatemi da sola in cima alla mia scaletta, a spartire i libri per argomento e poi per ordine alfabetico, e sono felice. (Ci si fanno anche i muscoli.) Fa tanto Nome della Rosa… mi piace vedermi come Guglielmo da Baskerville che difende i libri, ma spesso assomiglio pericolosamente a Jorge da Burgos. A volte mi sembra di prevaricare nel mio desiderio di occuparmi da sola dell’ordine dei libri.
Ma il resto del gruppo è ben contento di lasciarlo fare a me – purché prima o poi io presenti almeno uno schema perché tutti possano trovare tutto – e a me sembra che, come ha fatto in passato una mia amica, è ovvio che in un posto così piccolo sia una sola persona a occuparsi dell’ordine, almeno nelle prime fasi. Se poi questa persona è laureata in filologia, non è sboronaggine ma è una pesante responsabilità. Simone de Beauvoir va sotto la D o sotto la B? (Io la metto sotto la B, perché che senso ha mettere Antoine de Saint-Exupery sotto la D?) Il mio amato e compianto Giorgio Faletti va sotto “Gialli Italiani” o sotto “Autori Italiani” in generale, fra Eco e Fallaci? (Al momento è lì.) Queste sono cose che mi vengono spontanee e che non saprei mai spiegare a un’altra persona.
Poi ci sono gli autori che sconfiggono anche me. Se trovo Pinco Pallino, che non ho mai sentito nominare, il cui libro ha vinto i premi Strega, Campiello e Petruzzellis della Gattina, e parla di un complotto sociopolitico ai tempi di Ramesse II mentre la figlia del Faraone ha una storia d’amore a luci rosse con un ebreo e poi arrivano gli alieni, lo metto sotto Autori Italiani, Romanzo Storico, Rosa o Fantastico? O, Dio non voglia, Storia Antica o Religione?
A volte rimpiango di non aver mai fatto l’esame di Biblioteconomia. Ma non mi servirebbe, qui dove siamo così piccoli che applichiamo non tanto la classificazione decimale Dewey ma il diffuso metodo “O la va o la spacca”.
E non parliamo dei problemi di comprensione interna. Parte del nostro gruppo è un tantino anticlericale, per cui il Don è la causa di tutti i mali, non importa che ci abbia regalato un oratorio. E in un paesino di montagna è inevitabile che la lettura non sia esattamente l’attività preferita. Fra altre iniziative, stiamo tentando, non dico di far decollare, ma di tenere in vita artificialmente il “Pomeriggio con un Libro”, ormai degno di testamento biologico. Già mi hanno bocciato il titolo “Pomeriggio letterario” perché “fa troppo paura”. Adesso stiamo disperatamente cercando di radunare più di 4 persone, 3 delle quali sono la mia famiglia e una è la volontaria che apre la Biblioteca, per parlare nel modo meno minaccioso possibile di argomenti inoffensivi come i racconti di animali o di Sherlock Holmes. (“Ma Sherlock Holmes non è un cattivo?” Sant’Arthur Conan Doyle, tienimi una mano sulla testa.) A volte ho il sogno perverso di radunare trenta contadini e pensionati solo per scaricargli in testa “Un posto pulito e ben illuminato” di Hemingway o “I Morti” di James Joyce, scatenando così un’ondata di suicidi.
Sì, i giornali avevano ragione: c’era neve in tutta l’Irlanda. Cadeva dovunque sulla scura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva dolcemente sulla palude di Allen e, più a occidente, cadeva dolcemente nelle scure onde ribelli dello Shannon. Cadeva anche dovunque nel cimitero isolato sulla collina dove Michael Furey era sepolto. Si posava in grossi mucchi sulle croci storte e sulle lapidi, sulle lance del cancelletto, sugli sterili spini. La sua anima si abbandonò lentamente mentre udiva la neve cadere lieve nell’universo e lieve cadere, come la discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e i morti.
“Buona notte,” disse l’altro. Spense la luce continuando la conversazione fra sé e sé. Era la luce, ovviamente, ma era comunque necessario che il posto fosse pulito e piacevole. Certamente non ci deve essere musica. Né si può stare con dignità in piedi di fronte ad un bancone, anche se è l’unica cosa che puoi trovare dopo una certa ora. Di che cosa aveva paura? Non era paura né timore, era un nulla che conosceva troppo bene. Tutto era nulla, anche gli uomini erano nulla. Era solo quello e la luce era l’unica cosa di cui aveva bisogno, assieme ad un poco di pulizia e di ordine.
Alcuni ci vivevano e neanche se ne accorgevano, ma lui lo sapeva che tutto era nada y pues nada y nada y pues nada. Nada nostro che sei nel nada, nada sia il tuo nome ed il tuo regno, nada la tua volontà in nada come in nada. Dacci oggi il nostro nada quotidiano e rimetti a noi i nostri nada come noi rimettiamo ai nostri nada e liberaci dal nada; pues nada.